Famiglia sostituto d’imposta?

Siamo alle solite. Quando si parla di ausilio familiare si pensa solo al tasso di evasione previdenziale e fiscale e mai alla gravosità  sulle famiglie per l’assistenza alla persona.

Ci si illude che attribuendo gli oneri del sostituto d’imposta sul datore di lavoro domestico si risolva il problema dell’evasione fiscale. Diventare sostituto d’imposta significa assumersi la responsabilità  fiscale della lavoratrice, aggiornandosi permanentemente sulle normative tributarie e rispondendo di eventuali errori e omissioni. è quindi ovvio prevedere che crescerà  a dismisura il già  ampio lavoro nero o il costo del servizio, dovendosi appoggiare a commercialisti per due ore di stiratura alla settimana o qualche ora di babysitter.

Se invece si affrontasse seriamente il tema, si dovrebbe permettere alle famiglie di poter dedurre l’intero costo dell’ausilio familiare, almeno per le persone in condizione di grave fragilità  e bisognose di assistenza domiciliare.

Cosଠfacendo, la famiglia avrebbe l’interesse a regolarizzare la badante, facendo emergere il lavoro nero. Resta il problema dell’evasione fiscale.

La normativa prevede che la lavoratrice dichiari annualmente i propri redditi. Moltissime non lo effettuano divenendo evasori. Stabilire che tali servizi possano essere portati a deduzione fiscale solo se acquistati tramite imprese autorizzate e specializzate, garantirebbe il prelievo previdenziale e fiscale alla fonte e un servizio qualificato attraverso un piano di assistenza personalizzato.

è quindi plausibile supporre che non se ne faccia nulla e si perda l’ennesima occasione per riformare il settore. Non ci vuole molta intelligenza per elaborare una politica di settore, sarebbe sufficiente la volontà  politica.

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