Come prevenire gli incidenti domestici

 

l’INAIL denuncia oltre 2,5 milioni di incidenti domestici all’anno, con coseguenti gravi danni per la persona e in alcuni casi anche mortali.

https://www.istat.it/it/archivio/183893

A subirne le conseguenze non sono solo i componenti del nucleo familiare ma anche gli operatori che svolgono servizi domiciliari come i domestici o gli operatori d’aiuto.

Professione in Famiglia e le imprese aderenti hanno prodotto un opuscolo dettagliato per prevenire gli incidenti e infortuni domestici.

Una maggiore conoscenza dei rischi crea anche prevenzione e permette di intervenire nel modo pi๠corretto nel primo soccorso.

L’opuscolo sarà  consegnato a tutti gli operatori d’aiuto per renderli maggiormente consapevoli dei rischi che possono incontrare durante il servizio, riducendo al minimo i rischi di infortunio, ma verrà  consegnato anche alle famiglie per la loro incolunità  al  potenziale rischio.

E’ quindi una iniziativa di responsabilità  sociale che sta raccogliendo molto consenso tra gli interessati e che speriamo possa avere un effetto positivo per tutti.

L’opuscolo potrà  essere ritirato presso le nostre sezioni o le aziende nostre associate.

Aziende e Procuratori d’aiuto specializzati nella fornitura di servizi di assistenza domiciliare

4bisOPUSCOLO antinfortunistica uso tipografia

POLITICA: Se ci sei batti un colpo

Professione in Famiglia ha inviato a tutte le forze politiche e istituzionali una lettera per richiamare l’attenzione sul fenomeno dell’assistenza di ausilio alla persona, prestato da badanti o da operatori d’aiuto.

Il testo, che riportiamo in calce, denuncia la costante crescita di lavoro nero e parallelamente di bisogno d’assistenza.

Il sistema pensionistico che sostanzialmente non garantisce una pensione per i domestici, i costi elevati di assistenza delle famiglie e il blocco dei flussi migratori che non permette di assumere personale domestico se non in possesso di permesso di soggiorno, sono le cause principali che fanno crescere il lavoro nero, l’invecchiamento delle badanti, l’emarginazione sociale e il calo delle entrate per lo Stato.

Si auspica di riscontrare una adeguata sensibilità  per affrontare un problema che coinvolge milioni di famiglie.

il diario del lavoro

 

Testo della lettera

Oggetto:  non autosufficienza – badanti – immigrazione

Siamo una associazione di famiglie che combattono con il problema della non autosufficienza. Molte famiglie si  avvalgono di badanti

I dati pi๠attendibili al riguardo sono forniti da un lato da Inps, presso il quale risultano iscritti come lavoratori domestici nel 2017  864.526 persone, donne per  l’88%,  e straniere nel  78,27% dei casi, per il 45,51% registrate come badanti e per il restante 55% come colf, anche se è probabile che molte di esse siano in realtà  badanti.

D’altro canto un documento Censis stima in 876mila gli addetti al lavoro domestico completamente in nero, prevalentemente donne, irregolari in quanto a rapporti di lavoro e spesso anche relativamente al  titolo di soggiorno in Italia. Siamo anche in presenza di un rilevante invecchiamento della categoria. Tra il 2008 e il 2017 i soggetti ultra 55enni sono passati da 13% a 46%.

Nello stesso tempo, cresce la richiesta da parte delle famiglie italiane di assistenti familiari e badanti. Infatti a metà  luglio la Comunità  di Sant’ Egidio ha rivolto al Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Conte un invito a organizzare l’ingresso in Italia di 50mila badanti per rispondere alle esigenze di un mercato in crescita.

Sulla base dei dati prima indicati tale richiesta merita di essere integrata con la proposta di realizzare una regolarizzazione, come altre volte in precedenza già  fatto, per chi già  risiede e lavora, sia pure irregolarmente, in Italia e programmare un sistema di reclutamento che eviti per il futuro il ripetersi di situazioni come quella attuale, approdando ad  una normativa che solleciti ed aiuti le famiglie e i lavoratori stessi alla regolarità  dei rapporti di lavoro.

La seconda proposta  che facciamo è infatti quella di permettere alle famiglie la deduzione dal reddito di tutta la spesa per badante, operatore di aiuto o collaborazioni similari. L’offerta di un beneficio fiscale apprezzabile (pur con opportune rettifiche per evitare un vantaggio maggiore per i redditi pi๠alti),  indurrebbe 350-400mila famiglie a regolarizzare  rapporti di lavoro sommersi.

In un documento del Censis si stima il costo di tale deduzione, tenendo conto   “degli effetti diretti e indiretti” pari a un costo per lo Stato di 72 milioni di Euro, mentre il Forum del terzo settore, meno ottimista,  stima “un maggior esborso pubblico di circa 250 milioni di Euro annui”. Entrambe le stime  comunque concordano sul vantaggio netto che ne deriverebbe sia in termini di aumento del PIL, che in termini di aumento degli occupati. Secondo il Forum del terzo settore il primo sarebbe pari ad “almeno 0,30-0,40 punti percentuali, e il calcolo degli occupati  aumenterebbe di circa 2 punti percentuali.”

Si darebbe luogo ad un processo di regolarizzazione buono per le famiglie e per i lavoratori verso condizioni migliori per tutti  dando luogo a migliori opportunità  di integrazione ai lavoratori e lavoratrici straniere, che ne costituiscono la maggioranza. E si possono promuovere processi di ammodernamento nel sistema dei servizi alle persone.

A tali indubbi vantaggi, per le famiglie, per i lavoratori e le lavoratrici del settore  e per i dati macroeconomici del paese, va aggiunto, per completare il quadro, il problema della (mancata) valorizzazione dei contributi previdenziali dei lavoratori immigrati extracomunitari, che, nella situazione attuale, specie nel lavoro domestico, spinge molti immigrati a chiedere loro stessi di essere pagati in nero alla luce del fatto che i soldi versati a Inps sono considerati buttati al vento.

Per battere questa tendenza, a nostro parere, e alla luce dell’esperienza già  fatta nel tempo anche con gli italiani emigrati, ed è questa la nostra terza proposta, si dovrebbe tornare alla norma (Legge 286/98) che permetteva, ai soggetti interessati di tornare al Paese di origine,  rinunciando definitivamente al titolo di soggiorno in Italia, ottenendo da Inps il versamento dei contributi accumulati.

Tale scelta, in apparenza costosa per il nostro sistema previdenziale, ha al contrario diversi vantaggi: oltre il già  nominato incentivo alla regolarizzazione del contratto di lavoro, avrebbe l’effetto di promuovere in diversi Paesi di origine,  contemporaneamente al ritorno definitivo, l’investimento della somma ottenuta, in attività  di tipo imprenditoriale o di lavoro autonomo, capaci a loro volta, di mettere  in valore le professionalità  acquisite con il lavoro svolto presso nostre imprese, contribuire allo sviluppo dei paesi  stessi e infine, nei casi pi๠felici, ma non per questo pi๠rari, di favorire la stessa internazionalizzazione del sistema delle imprese italiane, attraverso la vendita a queste start up di beni e servizi italiani. Tali  processi, già  verificatisi ed evidenziati da numerose ricerche realizzate a livello internazionale, se non sono pi๠efficaci di quelli promossi dalla stessa Cooperazione allo sviluppo, come pure alcuni studiosi sostengono, non sono certo molto distanti dai risultati che questa ha raggiunto.

Un meccanismo di questo tipo, inoltre, darebbe luogo ad un turn over spontaneo, mentre, al contrario, la situazione attuale, spinge molti immigrati, anche contro il loro desiderio, a rimanere fino a maturare il diritto alla pensione, di fatto incidendo  sulla spesa sociale per l’Italia in misura molto pi๠rilevante per i costi di sanità , scuola per i figli, eventuale assistenza agli anziani ricongiunti.

Siamo infine consapevoli, che comunque, per chi fa lavoro domestico dipendente un grosso problema previdenziale sussiste anche per le italiane: stante l’attuale livello dei contributi e le regole vigenti, anche per chi arrivasse ai 67 anni con quaranta anni di contributi sarebbe improbabile poter accedere alla pensione.

Di tutte le problematiche vorremmo poter ragionare insieme in tutte le sedi che possono essere promosse.

Queste illustrate sono le urgenze pi๠importanti. Saremo pi๠completi ed esaustivi, se, per l’appunto si darà  luogo a forme di confronto, che auspichiamo possano essere promosse da istituzioni ed entità  interessate.

Cordiali saluti.

 

Il Presidente

Aldo Amoretti

 

 

109 famiglie catanesi in guerra per difendere i propri figli

Dal 1 luglio non viene pi๠garantito il trasporto di 109 ragazzi disabili verso una struttura di assistenza e dal 1 settembre è possibile che venga chiuso l’intero servizio.

Il problema nasce dal solito palleggio di responsabilità  tra l’Opera Diocesana Assistenza e il Comune di Catania.

Professione in Famiglia intende fornire il proprio contributo per risolvere quanto prima una soluzione e garantire ai figli disabili la continuità  assistenziale.

La prima azione è quella di aver chiesto al Commissario Straordinario di ODA e al Comune di aprire un tavolo con la presenza delle famiglie.

https://m.catania.livesicilia.it/2018/09/03/interrotto-trasporto-bimbi-disabili-famiglie-sul-piede-di-guerra_472040/

https://www.facebook.com/valerio.pace1

Video manifestazioni

 

Il confronto tra Comune e ODA

https://catania.livesicilia.it/2018/08/16/trasporto-disabili-il-comune-non-si-e-mosso-in-tempo_470368/

La reputazione diventa un asset economico e una nuova professione: PROFESSIONE in FAMIGLIA acquisisce una quota riservataria per 100 RAM e 100 RATER.

Professione in Famiglia ha sottoscritto un Protocollo d’intesa con l’associazione APART (Associazione Professionale Auditor Reputazione Tracciabile) e CROP NEWS (Cronache Reputazionali Oggettive Personalizzate).

Le due associazioni sono debitamente autorizzate per generare profili reputazionali di persone e imprese, certificando la credibilità  dei soggetti esaminati, evitando quindi informazioni false sia in favore che contro la persona o l’azienda.

Ovviamente la reputazione viene preventivamente autorizzata dagli interessati.

Abbiamo ritenuto che tale strumento potesse essere di utilità , sia per le nostre imprese alla continua ricerca di personale affidabile, sia per le lavoratrici che intendono fornire informazioni attendibili sulla propria professionalità  e reputazione nonchà© alle famiglia che ricercassero personale domestico.

è anche un’occasione occupazionale per migliaia di giovani diplomati o laureati che intendono entrare  in questa nuova professione. Infatti, APART pubblica apposito bando a numero chiuso per  12.000 RAM e 30.000 RATER.

Professione in Famiglia è titolare di una “quota riservataria”  relativamente a n. 100 candidati RAM e a n. 100 candidati RATER.

Per saperne di pi๠sul progetto, cliccare qui >>

Per scoprire i Bandi Ufficiali cliccare qui >>

Per la procedura di Adesione come RAM, cliccare qui >>

Per la procedura di Adesione come Rater, cliccare qui >>

Chiunque fosse interessato o avesse la necessità  di ulteriori informazioni, potrà  interloquire con APART scrivendo al seguente indirizzo: info@apart-italia.com

Il codice riservato a Professione in Famiglia è incorporato nella domanda di adesione

apart

Progetto Ospedali Sicuri parte da Parma

Ieri si è svolto a Parma un confronto tra la nostra associazione con l’AGCI e la direzione dell’ospedale maggiore.

Presenti il Presidente di AGCI Nazionale Brenno Begani, Sarah Chiusano e Roberto Bianchi per Professione in Famiglia. Per la struttura ospedaliera il Direttore generale Massimo Fabi,  la responsabile amministrativa Paola Bodrandi e il responsabile per la prevenzione contro la corruzione Giovanni Bladelli.

PF e AGCI hanno evidenziato la necessità  di contrastare il fenomeno di lavoro irregolare nell’ausilio di assistenza ai pazienti ricoverati attraverso badanti  non regolarizzate e succube di fenomeni di caporalato. Fenomeno sempre pi๠presente nelle strutture ospedaliere.

La proposta delle due associazioni è di condividere un protocollo che regolamenti con maggiore attenzione tale fenomeno attraverso aziende specializzate e certificate nel servizio o da badanti regolarmente contrattualizzate.

Regolare il fenomeno permetterebbe una maggiore tutela anche dei pazienti che rischierebbero sanzioni e multe salate ma anche un migliore monitoraggio sanitario pre e post servizio a tutela delle lavoratrici, oltre ad una organizzazione pi๠efficiente dei reparti.

La struttura ospedaliera, condividendo le preoccupazioni presentate, si è riservata di studiare il fenomeno e rincontrarsi a settembre per delineare una possibile soluzione organizzativa.