Accordo di collaborazione con ItaliAssistenza

Il 14 novembre è stato sottoscritto un importante accordo di collaborazione tra Professione in Famiglia e ItaliAssistenza. Società licenziataria del marchio PrivatAssistenza presente in Italia dal 1993 con oltre 180 centri affiliati.

L’intesa si aggiunge ad altre imprese analoghe che garantiscono servizi di assistenza domiciliare qualificata in tutta Italia come Progetto Assistenza e ABS Assistenza alla famiglia.

Oltre a condividere l’obiettivo comune di una profonda riforma dell’assistenza domiciliare che veda riconosciute queste imprese tra i soggetti fondamentali nel garantire servizi qualificati, l’intesa prevede protocolli congiunti sulla formazione imprenditoriale, per i Procuratori d’aiuto e il supporto consulenziale per la corretta applicazione delle norme contrattuali riconducibili al CCNL servizi di ausilio familiare.

L’accordo prevede infine specifici confronti sull’evoluzione legata all’ispezione straordinaria attivata dal Ministero dell’Industria e del Made in Italy che ha coinvolto molte cooperative sociali aderenti ad entrambe le parti.

In merito Bruno Perin, vicepresidente di Professione in Famiglia, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“L’accordo sottoscritto formalizza una collaborazione già consolidata negli anni con decine di imprese che operano col marchio di PrivatAssistenza.

 Professione in Famiglia diventa quindi l’interlocutore sindacale principale nel settore, in grado di rappresentare il maggiore numero di imprese specializzate nell’assistenza domiciliare per milioni di famiglie.

Sono sicuro che l’apporto di ItaliAssistenza, in sinergia con gli altri network del settore e centinaia di imprese, permetterà un salto di qualità nel mondo dell’assistenza e contrasterà maggiormente il fenomeno delle irregolarità contrattuali ancora diffuse nel settore.”

Dichiarazione di Andrea Di Lemma (Direttore Generale ItaliAssistenza )

“L’accordo di collaborazione con Professione in Famiglia ha l’obiettivo di rafforzare ulteriormente, all’interno della nostra Rete, che rappresenta oggi il primo network di assistenza domiciliare con oltre 180 centri attivi su tutto il territorio nazionale, quel valore fondamentale che contraddistingue la nostra rete e che noi definiamo human touch. L’accordo prevede, infatti, da un lato la strutturazione di percorsi di formazione professionale mirati ad accrescere ulteriormente le competenze della nostra Rete e, dall’altro, di avviare un confronto strutturato con i principali attori del settore per il riconoscimento di queste strutture quali soggetti fondamentali per garantire servizi di assistenza domiciliare qualificati.”

Professione in Famiglia incontra il Ministero dell’Industria e del Made in Italy

Nel maggio scorso, il Ministero dell’Industria e del Made in Italy (MIMIT), ha decretato un’ispezione straordinaria nelle cooperative sociali che forniscono servizi di assistenza domiciliare, per approfondire il grado di mutualità prevalente e la particolare concentrazione di rapporti di cococo.

L’ispezione coinvolgerebbe un campione di 86 cooperative e potrebbe terminare nel mese di settembre c.a.

Considerando che Professione in Famiglia rappresenta centinaia di queste imprese ha chiesto e ottenuto un confronto col MIMIT al fine di collaborare per contrastare le cooperative spurie e le irregolarità di lavoro. L’incontro è avvenuto il 23 luglio con la Presidenza dell’associazione e i dirigenti del Dipartimento III – Vigilanza del sistema cooperativo.

A tale proposito abbiamo intervistato il Vicepresidente di PF, Bruno Perin.

Vicepresidente, che giudizio da dell’incontro?

Sicuramente positivo. Abbiamo incontrato dirigenti molto preparati e attenti ad approfondire un settore in forte espansione.

Quali sono stati gli argomenti che avete trattato?

Innanzitutto, abbiamo consegnato agli interlocutori uno studio analitico del settore che coinvolge le cooperative sociali con l’Ateco 88.10 e 88.99; categoria merceologica specifica che rientra nell’ispezione straordinaria. Abbiamo quindi approfondito le peculiarità del lavoro che difficilmente si adatta al lavoro subordinato e che giustifica la forma di cococo.

Può essere più specifico?

Certo. Le cooperative sociali presenti sul territorio nazionale si caratterizzano prevalentemente in prestazioni assistenziali che transitano tramite appalto pubblico sociosanitario, mentre le nostre imprese forniscono servizi diretti alle famiglie.
In regime di appalto, il servizio deve essere garantito e in grado di rispettare protocolli sociosanitari predefiniti. Questo comporta obbligatoriamente un rapporto di lavoro subordinato. Inoltre, la cooperativa che si aggiudica l’appalto può contare su servizi prevedibili e programmabili, garantendo così una continuità nel tempo del rapporto di lavoro con i propri dipendenti. Cosa diversa per i servizi privati, caratterizzati dall’urgenza, la straordinarietà e la non programmabilità del servizio.

Quindi è questa la motivazione della forte presenza di cococo nel settore?

Certamente sì. Il servizio potrebbe interrompersi in qualsiasi momento e non è automaticamente sicuro che si possa rimpiazzarlo in tempi brevi. Con la subordinazione i costi sarebbero quindi troppo onerosi per la famiglia/cliente e quindi non praticabile. Inoltre, essendo tutti servizi di ausilio familiare, l’alternativa per la famiglia sarebbe il lavoro domestico di cura alla persona; costerebbe di meno ma non garantirebbe la qualità del servizio, la continuità e il supporto assistenziale di un’impresa specializzata.
Per sua natura, il cococo è portatore di competenze professionali già acquisite e migliorate attraverso continui confronti formativi presenti nelle imprese. La selezione di personale competente è quindi una costante in questo lavoro.
Sottolineo inoltre che i servizi forniti dalle operatrici necessitano una particolare competenza e autonomia operativa che non potrebbe rientrare nella etero direzione.

Perché quindi un’ispezione straordinaria?

Il Ministero è stato molto chiaro in merito. Durante le revisioni che si sono svolte nelle cooperative hanno riscontrato tante irregolarità nel rapporto mutualistico tra la cooperativa e i propri soci. Hanno evidenziato che molte certificazioni di cococo non rispettano la parità dei trattamenti retributivi e posta maggiore attenzione alla staticità dei soci che, anche se legittima legalmente, la permanenza negli anni di soli tre soci farebbe dubitare sulla genuinità cooperativistica.

Qual è stata la vostra posizione in merito ai due problemi?

Il nostro studio evidenzia che negli ultimi 12 anni sono nate più di 800 cooperative sociali nel settore, su un totale di 1.000. Quasi la metà di queste si posizionano sotto la soglia di 300.000 euro di fatturato annuo. È quindi prevedibile che vi sia un periodo non breve di startup e che la composizione sociale della cooperativa stenti a decollare rimanendo sul mercato. Questo spiega in parte il contenimento del numero di soci. Inoltre, le lavoratrici hanno poco interesse ad entrare nella compagine sociale e il tasso di turnover supera il 60% all’anno. Forzare le lavoratrici nel diventare socie sarebbe a nostro parere una pressione indebita che metterebbe in discussione il principio stesso della cooperazione. Tutto questo non giustifica assolutamente che vi siano evidenti disparità di trattamento salariale, soci o non soci che siano, ecco perché abbiamo deciso di fare un contratto collettivo dal 2016 che regolamentasse anche il rapporto di cococo.

Avete approfondito anche il tema del CCNL?

Certamente. È stato l’argomento più trattato.
Il MIMIT non ha competenza giuslavoristiche e si limita a segnalare le singole situazioni all’Ispettorato del Lavoro che svolgerà un’ulteriore ispezione.
Essendo un segmento di mercato in evoluzione, che interessa circa 33.000 cococo, l’esistenza di un CCNL specifico non è ancora diffusamente conosciuto se non tra gli addetti ai lavori.
Il D.Lgs. 81/2015 è però molto esplicito in materia. Il rapporto di para subordinazione è legittimo solo attraverso l’adozione di un CCNL nazionale o da una certificazione emessa da ente accreditato.
I dirigenti del Ministero hanno preso atto favorevolmente dell’esistenza dell’unico CCNL che regolamenti la materia dei cococo nel settore e avrebbe provveduto a darne comunicazione a tutti i propri ispettori e revisori. Inoltre, si sono detti disponibili ad accogliere la nostra proposta di costituire un tavolo congiunto col Ministero del Lavoro e le parti sociali firmatarie del CCNL per ricercare le forme più efficaci di contrasto all’irregolarità.
Rimaniamo quindi in attesa che l’ispezione straordinaria si concluda per verificarne l’esito.
È nostra intenzione indire un convegno pubblico che analizzi il settore e che sensibilizzi maggiormente la politica nel ricercare soluzioni tangibili a sostegno della non autosufficienza e la valorizzazione di imprese specializzate nei servizi di assistenza domiciliare.

La collaborazione tra Professione in Famiglia e ARESAM

Oggi, 20 maggio 2024, è stato sottoscritto l’accordo di collaborazione e di reciproca affiliazione tra Professione in Famiglia e l’associazione ARESAM (Associazione Regionale per la Salute Mentale).

L’intesa è frutto di rapporti consolidati negli anni tra le due associazioni, culminati in un protocollo per progettare insieme percorsi sociali a sostegno delle persone con disagio psichico-sofferenza mentale e le loro famiglie presenti nella regione Lazio.

Vista la delicata e specifica necessità socio-assistenziale si intende lavorare in sinergia per assicurare livelli professionali idonei a garantire servizi qualificati attraverso percorsi formativi mirati e tutelare i particolari diritti non sempre garantiti di queste persone ed i loro familiari.

Al fine di rendere stringente la collaborazione, si è previsto un accordo di reciproca affiliazione mantenendo distinte le rispettive funzioni rappresentative.

I rispettivi Presidenti hanno rilasciato le seguenti dichiarazioni:

Aldo Amoretti – Presidente di Professione in Famiglia

La nostra esperienza decennale ha incontrato tante difficoltà delle famiglie generate non solo da non autosufficienza provocata da decadenza fisica, ma da specifiche patologie ed in particolare demenza senile con suoi sviluppi e aggravanti.

Nel nostro intento che mira alla collaborazione con tutte le entità che possono contribuire ad affrontare nel modo giusto le problematiche abbiamo promosso la convenzione con Assomensana e ci poniamo il problema di formazione degli  addetti alla assistenza; non solo il personale, ma la famiglia stessa.

Con ARESAM abbiamo lavorato sul filone “Amministratori di sostegno” e cominciamo a mettere attenzione a “dopo di noi” che sono filoni importanti del loro impegno.

Con la formalizzazione di questa collaborazione l’intenzione è completare e rendere più efficace l’intervento su tutti i profili del disagio a prescindere dall’età. Un impegno rilevante e al quale siamo decisamente motivati.

 Marinella Cornacchia – Presidente di ARESAM

Possiamo dire che con la firma dell’accordo di collaborazione con Professione in Famiglia abbiamo formalizzato l’inizio di un nuovo cammino con un compagno di strada che conosciamo da tempo e che condivide i nostri obiettivi: sostenere e supportare le famiglie nell’affrontare le problematiche di assistenza. Mai come in questo momento è un’azione richiesta, causa il venir meno, il rarefarsi, dei rapporti sociali, l’aumento delle problematiche economiche e il sempre più difficile accesso ai servizi dedicati se non si hanno strumenti di conoscenza dei propri diritti e di come organizzare modalità ed interventi operativi per migliorare la qualità della loro vita e per dare un futuro il più possibile dignitoso e sereno ai loro congiunti.

Le dichiarazioni congiunte sul Manifesto per l’imprenditoria femminile

Tanti i temi trattati nel Manifesto che si appresta a fare il suo debutto europeo in autunno: titolarità e governance femminili almeno al 51%, definizione unica europea di impresa femminile, fondi strutturali per la nascita e il consolidamento di imprese guidate da donne, bandi che tengano conto della certificazione della parità di genere e dell’equa distribuzione di risorse tra imprenditrici e professioniste. E ancora, tra i punti innovativi c’è un netto sì al salario minimo e parallelamente a ulteriori tagli del cuneo fiscale, Sì al rispetto piano nidi previsto nel PNRR che oggi sembra a rischio, sì a ulteriori investimenti su modello voucher servizi con tetto per singola committenza per agevolare la nascita di soluzioni private di assistenza e cura: un’occasione di imprenditoria femminile e non solo, visto che i white jobs sono tra i pochi impieghi promettenti sul mercato lavoro. Massima attenzione su codice degli appalti perché non sparisca la premialità legata alla certificazione di genere.

Appunti di buon governo che hanno conquistato anche il coordinamento donne di Professione in Famiglia che nell’abbracciare e sottoscrivere il Manifesto hanno sottolineato che “la forte crescita di servizi privati di assistenza domiciliare, composta in prevalenza da donne, sia come operatrici che come dirigenti di primo piano nelle cooperative sociali, e come procuratrici d’aiuto, necessita di un deciso intervento di sostegno verso le famiglie e verso le imprese di questo settore. Sostenere il settore equivale quindi sostenere la peculiarità femminile”

A dare il benvenuto a Professione in Famiglia, ringraziandoli per l’attenzione ai temi in discussione, Vincenza Frasca, presidente del gruppo donne di Confimi IndustriaTrovare così tanta partecipazione alla vita professionale di imprenditrici e lavoratrici è incoraggiante, vuol dire che si è intrapresa la giusta direzione su argomenti che in realtà riguardano il futuro e la ricchezza morale del paese. Siamo felici di veder crescere il numero dei firmatari del Manifesto Start WE Up”.

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Professione in Famiglia aderisce al Nuovo Manifesto Europeo per l’imprenditoria femminile

Oggi, 27 giugno, si sono riunite le imprese aderenti a Professione in Famiglia che, su richiesta del Coordinamento donne, ha discusso la possibile adesione al “Nuovo Manifesto Europeo per l’Imprenditoria femminile”.

La discussione è stata preceduta da una presentazione della D.ssa Nicoletta Mezzadri, vicepresidente del Gruppo donne di Confimi, promotore del manifesto.

La discussione, che ha visto una folta presenza di imprenditrici del settore di assistenza domiciliare, oltre a rimarcare la rilevante crescita di imprese nel settore e le prerogative al femminile di chi opera al suo interno, denunciano la scarsa consapevolezza della politica e del sociale nel trovare soluzioni innovative che rafforzino l’assistenza domiciliare, in particolare per gli aspetti di ausilio familiare.

La debolezza di questo mercato risiede particolarmente nella domanda. Milioni di famiglie non possono permettersi i costi di servizi sempre più necessari e la risposta ricade quasi interamente sulla componente femminile della famiglia generando dimissioni e rinunce professionali per curare i propri cari.

Con queste premesse l’associazione ha deciso di aderire e fornire tutto il proprio supporto organizzativo e professionale di chi rappresenta per incidere maggiormente nella cultura generale e per una piena consapevolezza etico-morale dell’assistenza alla persona.

Sostenere il settore equivale rafforzare la componente femminile e la società in generale.

Alleghiamo il comunicato di adesione con la nomina di una delegazione femminile che seguirà il progetto.