Professione in Famiglia incontra il Ministero del Lavoro

Il 3 dicembre, si è svolto l’incontro della delegazione di Professione in Famiglia e FIALS-CONFSAL con il Direttore Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro Dr. Romolo De Camillis sul tema del CCNL Servizi di ausilio familiare legato alla Ispezione straordinaria del Ministero dell’Industria e del Made in Italy.

L’incontro è stato richiesto da PF per confrontarsi col Ministero sulla fonte giuridica da cui scaturisce il CCNL e, in particolare, sulla regolamentazione dei cococo in esso prevista.

L’Ispezione straordinaria del MIMIT, infatti, riscontrava alcune criticità contrattuali legate al rapporto di collaborazione nelle cooperative sociali, criticità che si sarebbero dovute chiarire a seguito di un quesito fatto dal MIMIT al Ministero del Lavoro.

Fermo restando che il Ministero del Lavoro abbia precisato che tali situazioni rientrano nelle competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ha voluto approfondire con maggiore precisione la norma contrattuale e la sua adozione nel settore, riservandosi di esprimere un parere più compiuto qualora venisse esaminato il quesito MIMIT.

Sulla base della documentazione prodotta da PF e delle peculiarità di settore che giustificano l’uso massiccio di cococo, il Direttore Generale ha voluto precisare che:

  1. In assenza di normativa in grado di misurare la maggiore rappresentatività sindacale e di erga omnes dei contratti, il vincolo del CCNL da dottarsi, previsto dal D.Lgs. 81/2015, non può trovare applicazione. Pur restando auspicabile una maggiore presenza di sindacati rappresentativi a sottoscrivere questo CCNL, la loro assenza non preclude il diritto per le imprese e i lavoratori di poterlo adottare.
  2. Esaminando i raffronti con CCNL analoghi nel settore dell’assistenza alla persona, si prende atto che questo contratto sia l’unico depositato al CNEL che regolamenta i rapporti di cococo. Questo rafforza la tesi di adozione contrattuale prevista dal D.Lgs. 81/2015 in parallelo alla procedura di certificazione.
  3. Per quanto in premessa resta quindi la competenza dell’Ispettorato del Lavoro verificare il rapporto genuino e coerente del lavoro eseguito con le norme contrattuali, soprattutto sull’aspetto del rapporto etero diretto come da noi interpretato, piuttosto che etero organizzato tra committente e collaboratore. Questo è parametro fondamentale per definire la differenza tra lavoro subordinato e parasubordinato.

La delegazione di PF e la FIALS-CONFSAL ritengono soddisfacenti le riflessioni del Direttore Generale e coerenti con la normativa del CCNL servizi di ausilio familiare.

Ritengono comunque utile chiedere un incontro anche con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro auspicando ulteriori chiarimenti giuridici al fine del migliore svolgimento dell’Ispezione straordinaria del MIMIT e delle sue conclusioni.

Considerano infine necessario operare una maggiore informazione nel settore per contrastare le forme di lavoro irregolare, anche dettate dalla scarsa conoscenza dei vincoli di legge e di contratto.

Rinnovato il CCNL servizi di ausilio familiare

Il 20 marzo si sono incontrate le parti sociali per firmare il rinnovo del CCNL servizi di ausilio familiare.

Il contratto coinvolge oltre 33.000 cococo in circa 1000 imprese del settore nonché le lavoratrici domestiche che svolgono l’assistenza alla persona e gli ospitati alla pari presso le famiglie italiane.

Il contratto nasce a fine 2016 e si perfeziona nel 2020 allargando la sfera di applicazione professionale.

Il rinnovo è stato sottoscritto, per la parte datoriale, da Professione in Famiglia e CASABASE, mentre per i lavoratori, FIALS e CONFSAL.

I miglioramenti prevedono l’opzione aziendale per la rivalutazione dei compensi di base per i cococo con il valore orario, giornaliero o mensile e, in alternativa, il dilazionamento incentivante a fine anno. L’incremento delle retribuzioni raggiungerà il 13% nel 2026.

Viene regolamentato l’inquadramento professionale per i Procuratori d’aiuto, figura già presente nel precedente Ccnl ma solo come figura autonoma e inserita la modalità di assistenza a distanza.

Gli stipendi per i lavoratori domestici subordinati vengono aggiornati e resi coerenti con le tabelle ministeriali, aggiornabili annualmente da apposita commissione paritetica.

Il compenso minimo orario forfettario per gli studenti alla pari viene elevato a 5,00€.

Aldo Amoretti, Presidente di Professione in Famiglia, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

E’  una soluzione giusta che risponde alle esigenze dei lavoratori e delle imprese pur nelle difficoltà crescenti delle famiglie in un sistema generale che, pur avendo approvato nel 2023 una legge di riforma buona (la n. 33), ha  poi dato seguito con dei decreti attuativi che ne negano l’impianto innovatore e stanziano una miseria di risorse (ulteriori 850 euro mensili in aggiunta alla indennità di accompagnamento per chi è grave, ultraottantenne e con  Isee inferiore a 6mila euro).

Quindi si deve portare avanti la battaglia che abbiamo iniziato insieme a tutti coloro che partecipano al Patto per la non autosufficienza.

Deve continuare l’impegno per un sistema civile di reclutamento all’estero di persone da occupare nel settore, con la regolarizzazione di tutti con procedure semplici e realistiche. Potrebbero dar luogo ad almeno mezzo milione di nuovi rapporti regolari portando fuori dalla clandestinità una parte grande degli interessati.

Siamo pronti al rinnovo del CCNL servizi di ausilio familiare

Il CNEL (il Parlamento delle parti sociali) è stato investito dal Governo per studiare il fenomeno della contrattazione collettiva e proporre una possibile soluzione da riportare alla discussione delle parti sociali e politiche, impegnate sul fronte del problema salariale dei lavoratori.

Ad ora, il CNEL si è limitato a fotografare la situazione contrattuale nel paese. La legge infatti impone la comunicazione al CNEL di qualsiasi accordo sindacale per renderlo esigibile.

Ebbene, la ricerca del CNEL ci dice che:

  • Il 95% dei lavoratori dipendenti è coperto dalla contrattazione collettiva.
  • Il 54% dei CCNL sono scaduti

Ma allora chi è fuori dalla contrattazione collettiva? Sostanzialmente i lavoratori assunti in cococo.

La legislazione, infatti, prevede che un cococo possa essere assunto anche attraverso una certificazione da ente accreditato, quindi al di fuori di un confronto tra le parti sociali e soprattutto senza vincoli sui minimi retributivi pattuiti nel contratto di assunzione.

I maggiori sindacati italiani, in forme diverse, più che un salario minimo per legge, sostengono forme di obbligatorietà per legge dei CCNL da costoro firmati. Un passaggio delicato perché coinvolgerebbe addirittura la sfera costituzionale.

Tanté, il problema vero pare sia il mancato rinnovo dei CCNL scaduti.

Il CCNL dei servizi di ausilio familiare, da noi sottoscritto con la UIL FPL arriva alla sua scadenza a fine 2023.

Questo contratto regolamenta i cococo nelle imprese che forniscono servizi di assistenza domiciliare privata, quelli cioè non rientranti nei bandi pubblici di appalto.

Si contano un migliaio di imprese per un totale di 33.000 lavoratrici in cococo.

Nonostante l’intenzione sindacale di allargare la contrattazione nazionale, i segnali di Cgil, Cisl e Uil sono più vicini a non rinnovare questo contratto più che misurarsi sul merito di questo delicatissimo settore.

Il mancato rinnovo non comporterebbe la decadenza del medesimo ma semplicemente la mancata rivalutazione dei compensi per le lavoratrici. Proprio quello che denunciano i sindacati.

Ovviamente nessuno ne parla. I media danno più valore ai rider che ti portano la pizza a casa piuttosto che una operatrice d’aiuto che assiste la persona non più autosufficiente. Oppure è meglio nascondere la testa sotto la sabbia delegando alla solitudine delle badanti e delle famiglie gli oneri assistenziali.

Di sicuro possiamo confermare che nessun sindacato può vantare la maggiore rappresentatività di queste lavoratrici, ecco perché non vogliamo escludere nessuno dal ruolo negoziale e confrontarsi con responsabilità per rinnovare il contratto.

Se 9 euro vi sembran pochi

In Parlamento sembra concretizzarsi un confronto tra governo e opposizione sull’aumento del potere d’acquisto dei salari, in particolare per i bassi salari. L’opposizione chiede un salario minimo previsto per legge che abbia come base di partenza € 9,00 all’ora lavorata, mentre il governo vorrebbe agire sul contenimento fiscale e previdenziale mantenendo inalterato l’attuale assetto dei contratti nazionali. Per il lavoro domestico si rinvia di 12 mesi ad un decreto del Ministero del lavoro ma coerente con la legge sulla materia.

Abbiamo quindi simulato quanto potrebbe incidere sul lavoro domestico l’applicazione dei due scenari. Il minimo dei 9 euro è facilmente calcolabile perché si tratterebbe di semplice matematica mentre quello del governo non ci è dato da sapere se non per sommi capi.

Abbiamo quindi simulato una modifica dei minimi salariali del Ccnl domestico (quello maggiormente adottato in Italia) partendo da 9 euro al livello più basso, quello delle colf e riparametrandolo ai livelli superiori con gli stessi criteri delle tabelle attuali.

Abbiamo infine calcolato il costo annuo comprendendo la 13°, le ferie, le ex festività e il TFR.

Con il minimo dei 9 euro, l’incremento medio sarebbe del 70%.

Prendendo ad esempio il livello C super, quello di una badante che assiste una persona non autosufficiente, per 40 ore alla settimana o in convivenza, risulterebbe che il solo salario annuo passerebbe da 20.254 a €34.589, mentre, in caso di convivenza si passerebbe da 18.212 a € 31.102.

Sarebbe quindi una situazione insostenibile per le famiglie e difficilmente compensabile con gli attuali sgravi fiscali.

Inoltre, il sistema previdenziale è calcolato in cifra fissa per ogni ora lavorata, il ché non porterebbe alcun miglioramento per le lavoratrici del settore, cosa diversa per i lavoratori di tutti gli altri settori che avrebbero i versamenti in percentuale sul salario lordo percepito.

Anche l’ipotesi delineata dal governo rischia di avere scarso effetto sia sulle lavoratrici che sulle famiglie.

Infatti, agendo solo su Irpef e contributi, l’agevolazione escluderebbe il 40% delle lavoratrici che non superano la soglia della no tax area e non vedrebbero modificarsi le attuali prestazioni previdenziali e assistenziali.

Non sarebbe quindi sufficiente per far emergere l’enorme bacino di lavoro nero del settore.

In ultima ipotesi spunta il CNEL, dato per morto da più parti ma unico punto di equilibrio possibile tra le posizioni radicali in campo. Il Cnel infatti è un vero e proprio Parlamentino previsto dalla Costituzione in cui trovano posto le organizzazioni sociali più rappresentative.

Per ora sembra esserci una proposta di metodo.

Brunetta a capo del Cnel, propone un tavolo largo con le parti sociali che si confronti sulla validità per legge dei contratti nazionali maggiormente applicati, che superi i ritardi nei rinnovi contrattuali e che incentivi la produttività legandola alla sua redistribuzione sui salari. Un tentativo lodevole ma che escluderebbe tutte le forze politiche senza legami con le parti sociali e non sono poche, pronte ad impallinare qualsiasi proposta giunga dal Cnel.

Qualsiasi incremento salariale non può prescindere da parametri di professionalità e produttività.

È quindi dalla ricchezza prodotta che viene definito il salario dei lavoratori. Se però questo è il perimetro del confronto, come lo si potrebbe tradurre per il lavoro di assistenza di ausilio alla famiglia?

Si potrebbe iniziare col distinguere la cura della casa da quello della persona.

Già il Ccnl domestico distingue i due ambiti per definire le professioni.

La produttività potrebbe essere misurata con parametri indiretti.

Se l’assistenza acquistata da una famiglia permettesse una continuità del lavoro, una riduzione del part time condizionato o assenze per l’assistenza questa potrebbe essere presa a riferimento per la misurazione del salario di chi presta l’assistenza.

Altro parametro potrebbe essere quello della formazione professionale.

Acquisire maggiori competenze attraverso percorsi formativi specifici è sicuramente un vantaggio per l’assistito e i suoi familiari.

Resta il fatto di poter misurare con certezza le acquisizioni professionali acquisite per poterle riconoscerle anche dal punto di vista retributivo.

La polverizzazione del lavoro domestico non permette di avere un quadro preciso per calcolarne la produttività, mentre sarebbe più semplice se detti servizi venissero forniti da imprese specializzate.

Le compensazioni, quindi, non transiterebbero tramite le imprese ma direttamente alle famiglie beneficiarie dei servizi acquistati, così come avviene nella maggioranza dei paesi UE.

Una riforma sicuramente molto complessa che necessità di un percorso sperimentale in alcuni territori e un tempo adeguato di adattamento della domanda e dell’offerta assistenziale.

MENO POLEMICHE E PIU’ RIFORME

COMUNICATO STAMPA

La clausola contrattuale che vede la rivalutazione retributiva annua del lavoro domestico in sede ministeriale ha generato forte preoccupazione nel settore per le ricadute economiche sulle famiglie datrici di lavoro.

Gli incrementi ipotizzati, aggiunti a quelli contributivi, non farebbero altro che aumentare il lavoro irregolare, già fortemente presente nel settore.

D’altro canto, detta clausola ha un valore intrinseco di equiparazione economica nazionale che in sua assenza, potrebbe generare una ulteriore degenerazione sul lavoro di cura della persona e della casa.

In questi ultimi anni il settore ha subito una metamorfosi sociale con un forte calo della presenza di lavoratrici contro una crescita di domanda assistenziale qualificata di ausilio alla famiglia, determinatasi anche dalla pandemia.

L’inflazione sta incidendo significativamente sulle fasce più deboli della popolazione e ciò deve richiamare le forze sociali e politiche ad una maggiore responsabilità sulle politiche da adottare.

È parere comune di tutti gli osservatori del settore sulla necessità di riformare le politiche di settore ancora ferme alla concezione del lavoro domestico come servizio verso la casa, mentre la crescita di cura alla persona sta prevalendo progressivamente, anche con forme inedite di servizi di ausilio familiare. Si va infatti sviluppando un sistema di imprese, soprattutto cooperative sociali, che organizzano servizi qualificati per le famiglie liberandole dalle incombenze di ricercare personale e gestire rapporti di lavoro. C’è ragione di favorire e sostenere questo tipo di imprese che applicano il loro specifico contratto di lavoro.

Pensiamo quindi che sia giunto il momento di una riforma complessiva che modernizzi il settore, partendo dalla possibilità di defiscalizzare interamente i servizi di ausilio familiare, ad una politica di formazione professionale più incisiva e ad un ruolo più coinvolgente degli enti locali e parti sociali nell’integrazione di lavoratori stranieri fortemente presenti nel settore e impossibilitati a regolarizzarsi per i troppo vincoli normativi esistenti.

Pensiamo inoltre che le politiche contrattuali possano e debbano compensare l’aggravio del costo del lavoro attraverso prestazioni più incisive a favore dei datori di lavoro domestico (Cassacolf), parimenti, il Governo dovrebbe superare l’anacronistica esclusione dell’indennità per malattia a favore dei lavoratori domestici.

Chiediamo pertanto che il Governo convochi le parti sociali per definire un percorso comune di riforma del settore, comprensivo anche della rivalutazione delle retribuzioni dei lavoratori domestici.

comunicato ACLI