Continua il confronto con il Ministero del Lavoro sul CCNL servizi di ausilio familiare

Il 12 marzo, il Ministero del Lavoro ha accolto la richiesta di Professione in Famiglia di incontrarsi per approfondire gli effetti determinati da una nota del medesimo ministero datata 31/12/24 che poneva in evidenza lo status di cococo nel settore dell’assistenza domiciliare di ausilio familiare e la rappresentatività delle associazioni datoriali che avevano sottoscritto il CCNL di settore.

La stessa nota veniva assunta dal Ministero dell’industria e del made in Italy e tradotta quale orientamento da adottare verso le cooperative sociali del settore, esplicitando la trasformazione dei cococo in subordinati.

Tale decisione avrebbe generato la concreta cessazione di attività di queste cooperative con il conseguente licenziamento di oltre 33.000 cococo.

Abbiamo chiesto al vicepresidente di PF, Bruno Perin di riassumere l’incontro.

L’incontro ha visto la presenza del Direttore Generale del Dipartimento politiche del lavoro e la rappresentanza del Ministro.

La delegazione di PF ha sottoposto i rischi connessi all’interpretazione ministeriale e fornito ulteriori elementi di valutazione per rivedere la precedente nota e modificare l’orientamento del MIMIT verso le cooperative ispezionate.

Può darci qualche elemento di dettaglio?

Certo. La precedente nota poneva dubbi sulla genuinità del cococo in questo settore e sosteneva la mancata rappresentatività di PF in ambito territoriale non raggiungendo la soglia della metà delle province coperte con sedi associative.

Abbiamo ulteriormente precisato il grado di autonomia degli operatori d’aiuto assunti in cococo e puntualizzato che la genuinità della forma di etero organizzazione, alla base della collaborazione non è mai stata messa in dubbio dalle varie ispezioni o sentenze di tribunale relativamente alla formula contrattuale ma esclusivamente dalla verifica sui singoli casi esaminati presso le imprese. Questo per dimostrare la correttezza del testo contrattuale.

Mentre sulla rappresentatività?

La rilevazione organizzativa delle sedi provinciali era riferita all’anno 2023, mentre il CCNL fu rinnovato nel 2024. Quest’ultimo anno viene rilevato dal Ministero verso la metà del 2025. Oltre a produrre la documentazione delle nostre sedi associative che constano di 126 sezioni e coprono la metà delle provincie per un totale di oltre 36 milioni di abitanti, abbiamo fatto rilevare che lo stesso ministero aveva riconosciuto a PF la funzione di agenzia per il lavoro per l’intermediazione di lavoratori senza fine lucrativo e l’INPS ci aveva riconosciuto quale soggetto rappresentativo ai fini dell’accesso al portale per la regolarizzazione del lavoro domestico. Due autorizzazioni che vengono concesse solo ad associazioni che dimostrino la piena rappresentatività sul territorio nazionale.

Come sono state recepite le vostre integrazioni?

Con molta attenzione. Il Direttore Generale ha chiesto esplicitamente di formalizzare le integrazioni alle controdeduzioni presentate in precedenza con la riserva di esaminarle nel merito e produrre una nuova nota ministeriale da inviare al MIMIT.

Il fatto medesimo di aver incontrato il Ministero del Lavoro sospende gli effetti della vecchia nota e conseguentemente gli effetti sulle verbalizzazioni del MIMIT verso le imprese.

Quali considerazioni fate rispetto alla vicenda?

Sicuramente questo settore ha assunto nell’ultimo decennio una rilevanza molto significativa e la domanda assistenziale del mercato si concentra sulla straordinarietà, l’urgenza e la non programmabilità del servizio richiesto. Questo comporta una organizzazione del lavoro molto flessibile ma anche molto qualificata. La riforma del jobs act sui cococo ha cercato di delineare con maggiore precisione il rapporto di para-subordinazione ma c’è bisogno di tempo perché venga interpretato al meglio. Questo comporta sicuramente un elevato livello di responsabilità di tutti i soggetti coinvolti, imprese, lavoratori, famiglie e istituzioni preposte ai controlli.

È sicuramente giusto che l’ispettorato del lavoro e il Mimit prestino particolare attenzione al fenomeno per evitare abusi e irregolarità, così come è altrettanto necessario che si adottino regole certe come il CCNL che abbiamo sottoscritto. Siamo fiduciosi che non si affossi l’esperienza sociale dei servizi di ausilio familiare che stimolano l’imprenditorialità e il lavoro femminile regolare in grado di garantire migliori servizi alla popolazione non più autosufficiente evitando il pantano del lavoro nero domestico.

TERREMOTO NEL SETTORE – URGE INCONTRO MINISTERIALE

Intervista a Bruno Perin, vicepresidente di Professione in Famiglia

Ad alcune cooperative sociali, coinvolte nell’Ispezione straordinaria del Ministero dell’industria e del Made in Italy (MIMIT) l’anno scorso, si sono viste recapitare una comunicazione di diffida con perentorio vincolo di trasformare tutti i rapporti di cococo in subordinato, in alcuni casi rettificando precedenti verbali che avevano riscontrato la sostanziale regolarità contrattuale. Ci può spiegare cosa sia capitato?

Purtroppo lo possiamo solo supporre perché, nonostante avessimo incontrato nel luglio scorso il MIMIT e a dicembre il Ministero del Lavoro sul tema oggetto dell’ispezione straordinaria, fornito molte informazioni sul settore e l’oggettività dell’uso dei rapporti di cococo, non ultimo l’adozione del CCNL da noi sottoscritto, il MIMIT ha ritenuto di dare una interpretazione molto rigida ad una risposta al quesito da questi ultimi posto al Ministero del lavoro sulla correttezza contrattuale adottata.

 Può essere più specifico?

Si. Il Direttore Generale del Dipartimento per le politiche del lavoro, Dott. Romolo De Camillis, risponde che, esaminato il CCNL applicato, sostiene che l’autonomia di un cococo non può essere riscontrata dalla sola libertà di accettare o rifiutare un incarico proposto dal committente ma tralasciando tutti gli altri punti previsti dal CCNL che completano i requisiti di autonomia operativa, garantendo un rapporto di etero organizzazione che sta alla base della para-subordinazione.

Inoltre, entra nello specifico della rappresentatività delle parti che hanno sottoscritto quel CCNL, evidenziando che Professione in Famiglia non raggiungeva la metà delle provincie con proprie sedi associative, citando in merito una circolare dello stesso ministero del 1995.

Quindi?

Quindi, il MIMIT, senza segnalarci alcunché e rifiutando due richieste di incontro da noi formalizzate per fare il punto della situazione, pensò nella propria legittimità ispettiva di emettere delle diffide rigidissime e informare i propri Revisori sulla linea da seguire quando effettueranno le visite annuali alle cooperative sociali.

Questo che impatto potrebbe avere sulle imprese?

Se non venisse modificata l’impostazione, tutte le cooperative sociali sarebbero costrette a cessare l’attività. Parliamo di oltre 1.000 imprese, 35.000 lavoratori e circa 200.000 persone assistite a domicilio a cui verrebbe interrotto il servizio. Questo perché la tipologia del rapporto di subordinazione non è compatibile con l’organizzazione del lavoro di queste imprese e perché non esiste un altro CCNL applicabile.

Ritorniamo alla rappresentatività di Professione in Famiglia e sulla presenza provinciale.

Si. La circolare del 1995 sostanzialmente dice che, in attesa che il legislatore definisca con precisione i parametri per misurare la maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali (numero di iscritti, contratti collettivi sottoscritti e diffusione territoriale) il Ministero del lavoro adottava temporaneamente un parametro di riferimento che era quello della presenza di sedi sindacali almeno nella metà delle provincie. Deroghe a questa misura potevano essere riconosciute e prese in considerazione.

Perché si sostiene che la vostra associazione non rientra in questi parametri?

Innanzitutto, precisiamo che la citata circolare, pur autorevole, riconosce l’assenza di una legge precisa in merito. Legge che non è mai stata emanata dal Parlamento. È quindi evidente che i vari governi abbiano ritenuto di mantenere il massimo delle libertà sindacali senza porre vincoli di esclusività o primazia organizzativa. Ciò nonostante, la risposta non prende in considerazione che la nostra associazione era iscritta all’AGCI, storica centrale cooperativa presente su tutte le province italiane e quindi, le loro sedi erano anche le nostre.

Ma, ammesso e non concesso questo parametro geografico facilmente contestabile, nessuna legge impedisce la sottoscrizione di un CCNL ovvero la sua adozione di diritto o decadenza. Supponiamo che per assurdo un’associazione avesse 54 sedi provinciali e ne chiudesse una per riaprirla dopo 6 mesi, quel CCNL verrebbe meno per tutti i lavoratori nei sei mesi di vacanza? Non scherziamo!

Si suppone che si intenda garantire la presenza più diffusa possibile tra la popolazione del paese per garantire il massimo della partecipazione democratica?

Infatti, ci pare un principio condivisibile ma le nostre sedi che si affiancano a quelle dell’AGCI sono oltre 120 e possono essere punto di riferimento provinciale per oltre 34 milioni di italiani, abbondantemente superiori alla metà della popolazione italiana.

Inoltre, nel 1995 eravamo agli albori di internet, oggi la partecipazione passa anche, se non soprattutto attraverso videoconferenze telematiche, cosa che facciamo quotidianamente con i nostri associati e lo abbiamo fatto durante tutta la negoziazione dei contratti che abbiamo sottoscritto.

Ora cosa intendete fare?

Subito dopo aver letto la documentazione dei Ministeri, abbiamo immediatamente inviato le nostre controdeduzioni e richiesto un incontro urgentissimo invitando il MIMIT a sospendere gli effetti delle diffide già inviate. Siamo fiduciosi di avere quanto prima questi incontri ma parallelamente tuteleremo le nostre aziende, i loro soci lavoratori e le famiglie che beneficiano dei loro servizi con tutti gli atti amministrativi in nostro possesso.

Sarebbe assurdo che si colpisca un intero settore che cerca di far emergere il lavoro irregolare, che fornisca servizi di assistenza qualificati e che garantisce il pagamento di contributi previdenziali e fiscali che altrimenti andrebbero risucchiati nel lavoro nero domestico.  

CIO’ CHE NON POTE’ LA POLITICA, LO FECE LA GIUSTIZIA

La Corte di Cassazione ha dato ragione ad un cittadino torinese che si era visto rifiutare dall’Agenzia delle entrate la deducibilità fiscale di due colf che aiutavano la madre totalmente non autosufficienza nel disbrigo delle faccende domestiche.

Tale sentenza cambia completamente lo scenario sul mondo dell’assistenza domiciliare. Infatti, la fiscalità permetteva e permette di portare a detrazione fiscale i costi sanitari (19%) mentre per l’assistenza, solo la detraibilità delle spese sostenute fino ad un massimo di € 2100 annui.

Professione in Famiglia e tutte le associazioni che seguono il problema della non autosufficienza, hanno da sempre chiesto alla politica di intervenire in aiuto delle famiglie attraverso molte forme, come ad esempio la defiscalizzazione totale dei costi di assistenza di ausilio familiare o indennità mirate allo scopo. Le risposte non sono mai pervenute.

Il costo di un’assistenza domiciliare di ausilio familiare attraverso un’assistente familiare o un operatore d’aiuto si aggira tra i 18.000 e 20.000 euro all’anno. Supponendo che l’assistito benefici di un assegno di accompagnamento, il costo di abbassa di € 6.400 e di altri € 750 per la deduzione fiscale.

Con tale sentenza, il risparmio della famiglia potrebbe arrivare a circa € 11.000.

Questo inciderebbe significativamente sull’emersione dal lavoro nero di gran parte delle attuali 300.000 lavoratrici in nero del settore e, se il servizio venisse acquistato tramite un’impresa specializzata, le entrate per lo Stato compenserebbero gran parte dei costi fiscali determinati dalla deduzione perché, essendo sostituto d’imposta, ci sarebbe la certezza del versamento dei contributi all’Inps, IRPEF e IVA.

In sede di dichiarazione dei redditi sarà quindi opportuno segnalarlo al CAF di riferimento presentando la documentazione di totale non autosufficienza e la fattura emessa dall’agenzia che ha fornito il servizio per ottenere la detrazione.

Ma, attenzione! Resta pur sempre un limite etico. I cittadini incapienti, quelli cioè che hanno un reddito inferiore agli 8.000 euro all’anno e che per il quale non agisce l’IRPEF, non potranno beneficiare della deduzione fiscale e dal lato opposto chi ha un reddito molto alto potranno portare a deduzione il 43%. Ecco quindi che ritorna in ballo la politica per riequilibrare queste ingiustizie.

Professione in Famiglia incontra il Ministero del Lavoro

Il 3 dicembre, si è svolto l’incontro della delegazione di Professione in Famiglia e FIALS-CONFSAL con il Direttore Generale dei rapporti di lavoro e delle relazioni industriali del Ministero del Lavoro Dr. Romolo De Camillis sul tema del CCNL Servizi di ausilio familiare legato alla Ispezione straordinaria del Ministero dell’Industria e del Made in Italy.

L’incontro è stato richiesto da PF per confrontarsi col Ministero sulla fonte giuridica da cui scaturisce il CCNL e, in particolare, sulla regolamentazione dei cococo in esso prevista.

L’Ispezione straordinaria del MIMIT, infatti, riscontrava alcune criticità contrattuali legate al rapporto di collaborazione nelle cooperative sociali, criticità che si sarebbero dovute chiarire a seguito di un quesito fatto dal MIMIT al Ministero del Lavoro.

Fermo restando che il Ministero del Lavoro abbia precisato che tali situazioni rientrano nelle competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, ha voluto approfondire con maggiore precisione la norma contrattuale e la sua adozione nel settore, riservandosi di esprimere un parere più compiuto qualora venisse esaminato il quesito MIMIT.

Sulla base della documentazione prodotta da PF e delle peculiarità di settore che giustificano l’uso massiccio di cococo, il Direttore Generale ha voluto precisare che:

  1. In assenza di normativa in grado di misurare la maggiore rappresentatività sindacale e di erga omnes dei contratti, il vincolo del CCNL da dottarsi, previsto dal D.Lgs. 81/2015, non può trovare applicazione. Pur restando auspicabile una maggiore presenza di sindacati rappresentativi a sottoscrivere questo CCNL, la loro assenza non preclude il diritto per le imprese e i lavoratori di poterlo adottare.
  2. Esaminando i raffronti con CCNL analoghi nel settore dell’assistenza alla persona, si prende atto che questo contratto sia l’unico depositato al CNEL che regolamenta i rapporti di cococo. Questo rafforza la tesi di adozione contrattuale prevista dal D.Lgs. 81/2015 in parallelo alla procedura di certificazione.
  3. Per quanto in premessa resta quindi la competenza dell’Ispettorato del Lavoro verificare il rapporto genuino e coerente del lavoro eseguito con le norme contrattuali, soprattutto sull’aspetto del rapporto etero diretto come da noi interpretato, piuttosto che etero organizzato tra committente e collaboratore. Questo è parametro fondamentale per definire la differenza tra lavoro subordinato e parasubordinato.

La delegazione di PF e la FIALS-CONFSAL ritengono soddisfacenti le riflessioni del Direttore Generale e coerenti con la normativa del CCNL servizi di ausilio familiare.

Ritengono comunque utile chiedere un incontro anche con l’Ispettorato Nazionale del Lavoro auspicando ulteriori chiarimenti giuridici al fine del migliore svolgimento dell’Ispezione straordinaria del MIMIT e delle sue conclusioni.

Considerano infine necessario operare una maggiore informazione nel settore per contrastare le forme di lavoro irregolare, anche dettate dalla scarsa conoscenza dei vincoli di legge e di contratto.

Dal silenzio compiacente alla caccia alle streghe senza una politica di riforma dell’assistenza di ausilio familiare

Le ultime notizie sono che l’Inps e l’Agenzia delle entrate confronteranno i rapporti di lavoro domestico con le dichiarazioni dei redditi per contrastare l’evasione fiscale e previdenziale nel settore.

Prima della decisione è trapelata la notizia dal Ministero dell’economia che l’evasione fiscale e previdenziale del settore domestico è pari a 2,4mld annui.

Ma andiamo per ordine cronologico ad esaminare il fenomeno del lavoro domestico e in particolare quello dell’assistenza alla persona.

  • Verso la fine degli anni ’70 l’assistenza domiciliare alla persona non autosufficiente venne derubricata a cooperative sociali attraverso apparti pubblici. Una necessità sociale ancora agli albori ma che si prospettava in forte crescita.
  • Negli anni ’80 nacquero le prime norme di sussidio come, ad esempio, l’indennità di accompagnamento per la non autosufficienza
  • Negli anni ’90, con l’entrata nel mondo del lavoro delle donne e la crescita della terza età, l’intervento pubblico in appalto non fu più sufficiente e iniziò il fenomeno del badantato, inserendo la figura dell’assistente familiare all’interno del settore domestico.
  • Il fenomeno dell’assistenza di ausilio familiare crebbe tumultuosamente nel secondo decennio del secolo registrando il servizio della badante con il 50% degli occupati domestici.
  • Nel frattempo, calò la destinazione economica dello Stato verso gli enti locali e conseguentemente si ridusse l’intervento assistenziale a domicilio.
  • Da questo momento si abdicò l’assistenza della persona alla famiglia e al badantato.
  • La crisi finanziaria del 2008, la pandemia e l’inflazione recente fece lievitare la forma irregolare del lavoro di assistenza, portando al 50% il lavoro nero nel settore e, l’assenza di nuove regole, generò forme di servizi privati alla persona per lo più illecite. Tutto ciò nel totale silenzio e disattenzione sociale e politica.

Ad oggi registriamo che:

  1. È sempre più difficile reperire personale qualificato professionalmente per destinarlo all’assistenza della persona.
  2. Le esperienze della formazione professionale sono sostanzialmente disattese dal mercato.
  3. I costi dell’assistenza domiciliare sono incompatibili con la stragrande maggioranza dei pensionati bisognosi di assistenza.
  4. L’intervento medio di assistenza domiciliare, fornita dagli enti locali non supera le 18 ore annue mentre cresce il fenomeno delle dimissioni protette, a totale carico della famiglia.
  5. I due tentativi di regolarizzazione ed emersione dal lavoro nero (2012 e 2020) sono falliti, facendo ritornare nell’irregolarità quanto emerso in soli due anni.
  6. Invece di confrontarsi seriamente sul come governare un fenomeno di massa che coinvolge oltre 10 mil. di cittadini, tra i soggetti assistiti e i loro familiari, si adotta una sorta caccia alle streghe. Nulla da criticare per la corretta applicazione delle leggi, anzi, ben venga in tutti i settori dell’economia ma: a. Ipotizziamo che vengano rilevate 250.000 posizioni di evasione, le condizioni economiche delle badanti non credo siano in grado di risarcire l’ammontare richiesto, collocandolo tra i crediti inesigibili. b. Considerando che l’80% delle badanti sono straniere, è plausibile supporre che ritornino velocemente al proprio paese abbandonando l’assistito e i familiari al proprio destino e riducendo ancor di più l’offerta di lavoro nel settore. c. Considerando che il focus del controllo verrà fatto solo per le lavoratrici assunte e dichiarate all’Inps, il lavoro che rimarrà attivo sarà prevalentemente quello totalmente irregolare.
  7. Considerando che il focus del controllo verrà fatto solo per le lavoratrici assunte e dichiarate all’Inps, il lavoro che rimarrà attivo sarà prevalentemente quello totalmente irregolare.

Quindi?

Forse è arrivato il momento per decidere di riformare radicalmente il settore, riconoscendo ai cittadini non più autosufficienti un bonus economico da potersi spendere in agenzie specializzate e controllate, in grado di selezionare, formare e supportare l’assistenza domiciliare.

Questo permetterebbe di far emergere molto lavoro nero, regolarizzerebbe i pagamenti fiscali e previdenziali perché l’impresa è sostituto d’imposta, aiuterebbe le famiglie in difficoltà, darebbe maggiori tutele alle lavoratrici e permetterebbe allo stato di governare realmente il settore.

SE NON ORA QUANDO?