Il Decreto contrasto al precariato non può essere applicato per colf e badanti

Il Decreto del Governo  per il “Contrasto al precariato” ha modificato l’attuale sistema inserendo aggravi contributivi sulle forme di contratti a termine e agevolazioni per le imprese che assumono giovani a tempo indeterminato.

La normativa finale ha chiarito l’esclusione del lavoro domestico nelle penalizzazioni e confermato le agevolazioni del 50% di risparmio previdenziale per i datori di lavoro.

Avendo ipotizzato l’applicazione nel settore domestico, ci siamo accorti che detti risparmi siano quasi impossibili da ottenere.

Il Decreto infatti dice che per ottenere l’agevolazione, il domestico dovrebbe innanzitutto essere di età  inferiore ai 35 anni, che non abbia avuto altre assunzioni in precedenza, sia con lo stesso datore di lavoro ne con altri, e che non abbia altri contratti di lavoro in essere.

L’Inps dichiara che solo il 13,3% dei domestici ha una età  inferiore ai 35 anni, che è ovvia consuetudine che una colf abbia pi๠rapporti di lavoro in contemporanea e che la caratteristica di lavoro di cura, non essendo programmabile, sia normalmente legata alla vita dell’assistito, mediamente di 20 mesi.

Quindi potranno beneficiare della norma solo chi ha uno staff di  domestici (ricchi e aristocratici) che, per logica organizzativa, devono mantenere un organico stabile e continuativo o solo coloro che assumeranno un domestico di prima esperienza lavorativa in assoluto.

Quantunque venisse adottato, ci sfugge il contrasto al precariato. La sua applicazione ridurrebbe solo l’assegno di pensione dei domestici, già  raramente raggiungibile, perchà© emesso sulla base dei contributi versati.

Il Punto 17 del Contratto di governo prevede tra l’altro ……… Importante attenzione va posta anche nei confronti della terza età  con provvedimenti volti ad agevolare le famiglie con anziani a carico, compresa l’assistenza domiciliare anche tramite colf e badanti.

Enunciazione condivisibile ma speriamo che non si concluda con il suddetto decreto.

Ben altro ci si deve aspettare da qualsiasi Governo per affrontare il tema dell’assistenza alla persona.

  • Defiscalizzazione integrale dei costi di assistenza di ausilio familiare per aiutare le famiglie e contrastare il lavoro nero
  • Controllo e valorizzazione delle imprese che forniscono servizi di assistenza domiciliare per migliorare il servizio e combattere il caporalato
  • Formazione professionale garantita dal sistema pubblico per migliorare l’assistenza
  • Politica abitativa a sostegno degli anziani

Queste sono le nostre proposte che porteremo all’attenzione delle forze politiche in Parlamento.

NON AUTOSUFFICIENZA NELLA RELAZIONE CNEL. Viene citato anche l’Operatore d’aiuto

Logo_CNELIl 18 luglio, nella solennità  della Camera dei Deputati (Sala della Regina), con le conclusioni della Ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno si è svolta la presentazione della “VI°  Relazione annuale 2017 sulla qualità  dei servizi pubblici.
Il documento d 270 pagine è stato approvato alla unanimità  dalla Assemblea del Cnel il 24 maggio scorso.
Il Cnel svolge questo compito in quanto previsto dalla Legge 15 del 2009 e lo svolge in collaborazione con Istat e con tutto il sistema delle strutture pubbliche aventi competenza e interesse alla collaborazione.
Alla Pag. 112 che riportiamo, è trattato il tema “L’assistenza ai non autosufficienti.”

Nel testo viene citato l’operatore d’aiuto e l’accordo sindacale da noi sottoscritto.

testo:

4.8.L’assistenza ai non autosufficienti

 L’entità  del fenomeno si conferma nelle tendenze previste nelle precedenti relazioni. Si accresce il fenomeno insieme alle insoddisfazioni dei soggetti e delle famiglie. L’applicazione dei nuovi Isee ha per effetto il taglio dei sostegni alle famiglie per la parte non sanitaria delle rette nelle Residenze sanitarie assistenziali L’effetto è che una parte delle famiglie si riportano a casa il nonnino non come scelta per la domiciliarità , ma come ripiego rispetto ai costi elevati della Residenza. Si lamentano anche i gestori delle Residenze. Mentre fino a tre anni fa si avevano le liste di attesa per i ricoveri, adesso si hanno i letti vuoti.  Al tempo stesso nascono forme di Residenze irregolari che non rispettano gli standard di assistenza, nà© i diritti di chi ci lavora . Su tutto seguita a prevalere la soluzione badante. E seguita a permanere una condizione di irregolarità  prevalente. Una parte delle famiglie sarebbe propensa alla soluzione badante a tempo parziale, ma le norme contrattuali vigenti non la prevedono. è una soluzione che non solo risponderebbe ad esigenze delle famiglie datori di lavoro, ma sarebbe pure un miglioramento per le lavoratrici che uscirebbero dalla condizione “servile” della convivenza a tempo pieno.  Le possibilità  di modificare il Contratto scaduto il 31 dicembre 2016 sembrano sfumate alla luce del fatto che nessuno dei soggetti contraenti lo ha disdettato e si è perciò rinnovato automaticamente per tre anni.

Si diffonde il fenomeno di finte cooperative o agenzie specializzate che offrono servizi di cura a domicilio anche a prezzi “stracciati” rispetto ai minimi contrattuali vigenti. Un accordo nazionale conforme alle previsioni del Job act ha regolamentato queste prestazioni in Collaborazione Coordinata e Continuativa definendo una figura definita operatore di aiuto. La soluzione sembra incontrare il favore delle imprese erogatrici di servizi (soprattutto cooperative, ma non solo), delle famiglie che se ne avvalgono specialmente nelle emergenze e degli stessi collaboratori.

La Camera dei Deputati ha approvato un Disegno di Legge che affronta il tema dei Caregiver familiari: La proposta è passata al senato. Non sono prevedibili gli sviluppi, ma il tema sembra incontrare largo consenso tra le forze parlamentari.  Da una ricerca Auser del mese di marzo 2016 dedicata a “Domiciliarità  e residenzialità  per l’invecchiamento attivo” ricaviamo che “Al 31 dicembre 2013 risultano attivi nel nostro Paese 12.261 presidi residenziali pubblici e privati”; con grandi squilibri tra le Regioni e soprattutto tra Nord e Sud che “dispongono complessivamente, per tutte le tipologie di ospiti, di 384.450 posti letto, nel 2009 erano pi๠di 429mila (meno 10,4%). Fra altre considerazioni la seguente: “Nel periodo 2014-2016 sono stati effettuati dai Nas 6.187 controlli da cui sono risultate: 1.877 non conformità  (pari al 28% dei controlli eseguiti), 1.622 persone segnalate all’Autorità  Amministrativa, 68 arresti, 1.397 persone segnalate all’autorità  Giudiziaria, 3.177 sanzioni penali, 2.167 sanzioni amministrative per oltre un milione e 200mila euro, 176 strutture sottoposte a sequestro/chiusura”.

 

LA PRESTAZIONE OCCASIONALE NELL’ASSISTENZA ALLA PERSONA

Stiamo avvicinandoci alla fine dell’anno e molte aziende ci hanno chiesto un parere in merito alla forma di lavoro in “ prestazione occasionale”.

Tale richiesta è motivata dal limite reddituale del collaboratore che non deve superare la soglia annua di € 5.000 anche in pi๠rapporti di lavoro ed entro il limite dei 30 giorni di prestazione.

In pi๠di un’occasione abbiamo sconsigliato tale strumento che, se da un lato può avere le caratteristiche di flessibilità  tipiche del settore, dall’altro può generare numerose forme irregolari foriere di pesanti sanzioni amministrative e contenziosi sindacali.

Abbiamo quindi chiesto al Dott. Lorenzo Miazzo, Consulente del Lavoro esperto nel ramo giuslavoristico di esprimere un parere formale sull’argomento che potrete consultare in Parere su prestazione occasionale.

 

Sentenza della Cassazione sul riposo delle badanti

colf

La Cassazione: “Le badanti hanno diritto a 11 ore di fila al giorno di riposo”
Multata una onlus lecchese che chiedeva di derogare al contratto nazionale, facendo sfruttare le ore di stacco in maniera non continuativa durante la giornata
04 Gennaio 2018

La Cassazione: Le badanti hanno diritto a 11 ore di fila al giorno di riposo
Chi usufruisce del servizio di un badante – che assistono persone anziane, malati, o le famiglie bisognose di cure per i loro cari – sappia che ha diritto almeno ad undici ore di riposo al giorno, e che queste devono essere godibili consecutivamente; chi si dovesse opporre, va incontro a una multa per sfruttamento della manodopera. La previsione è infatti contenuta nel contratto nazionale della categoria e il sanzionamento scatta in caso di violazione.

E’ quanto ha deciso la Cassazione dando torto a una onlus di Lecco che forniva personale per l’assistenza familiare e che sosteneva che le ore di riposo dei dipendenti non dovevano essere consecutive.

Secondo la onlus lecchese, amministrata da religiosi, il contratto Uneba – Unione nazionale istituzioni ed iniziative di assistenza sociale – nello “stabilire che le lavoratrici e i lavoratori avevano diritto a un riposo giornaliero di undici ore ogni ventiquattro ore, non aveva previsto che le ore di riposo dovessero essere consecutive, lasciando in tal modo intendere che la volontà  delle parti contraenti era quella di derogare, come facoltà , al dettato normativo generale, al fine di introdurre una disciplina pi๠rispondente alle realtà  e alle esigenze aziendali e, quindi, non irrazionale”.

Ad avviso della Cassazione (verdetto numero 24 della Sezione lavoro, depositato il 3 gennaio), invece, come stabilito dalla Corte di Appello di Milano, non c’è alcuna deroga contrattuale “all’osservanza del precetto normativo sul rispetto del riposo minimo giornaliero”, fissato in 11 ore di fila.

Peraltro, prosegue la sentenza della Suprema Corte, “non risulta che l’articolazione oraria praticata consentisse un riposo di undici ore, seppure non continuative, nell’arco delle 24 ore, non essendo stato allegato che dopo le 10 ore di intervallo (tra le ore 21 e le ore sette della mattina successiva) ricorresse un’altra ora di riposo nell’arco delle 24 ore, utile a riportare ad 11 ore il complesso dei riposi”. I supremi giudici ricordano che anche per le badanti e i badanti vige il decreto legislativo 66 del 2003 che ha recepito la direttiva comunitaria sull’orario di lavoro e che prevede per tutti i lavoratori il diritto alla “fruibilità  in modo consecutivo” delle undici ore di riposo minimo giornaliero, “fatte salve le attività  caratterizzate da periodo di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità “.

La onlus era stata multata dal Ministero del Lavoro con una sanzione da 13.620 euro e adesso questa cifra dovrà  essere ricalcolata per effetto di alcuni cambiamenti legislativi intervenuti nel corso della causa che comunque non incidono sulla ‘colpevolezza’ del datore di lavoro ma solo sulle norme da applicare.