TERREMOTO NEL SETTORE – URGE INCONTRO MINISTERIALE

Intervista a Bruno Perin, vicepresidente di Professione in Famiglia

Ad alcune cooperative sociali, coinvolte nell’Ispezione straordinaria del Ministero dell’industria e del Made in Italy (MIMIT) l’anno scorso, si sono viste recapitare una comunicazione di diffida con perentorio vincolo di trasformare tutti i rapporti di cococo in subordinato, in alcuni casi rettificando precedenti verbali che avevano riscontrato la sostanziale regolarità contrattuale. Ci può spiegare cosa sia capitato?

Purtroppo lo possiamo solo supporre perché, nonostante avessimo incontrato nel luglio scorso il MIMIT e a dicembre il Ministero del Lavoro sul tema oggetto dell’ispezione straordinaria, fornito molte informazioni sul settore e l’oggettività dell’uso dei rapporti di cococo, non ultimo l’adozione del CCNL da noi sottoscritto, il MIMIT ha ritenuto di dare una interpretazione molto rigida ad una risposta al quesito da questi ultimi posto al Ministero del lavoro sulla correttezza contrattuale adottata.

 Può essere più specifico?

Si. Il Direttore Generale del Dipartimento per le politiche del lavoro, Dott. Romolo De Camillis, risponde che, esaminato il CCNL applicato, sostiene che l’autonomia di un cococo non può essere riscontrata dalla sola libertà di accettare o rifiutare un incarico proposto dal committente ma tralasciando tutti gli altri punti previsti dal CCNL che completano i requisiti di autonomia operativa, garantendo un rapporto di etero organizzazione che sta alla base della para-subordinazione.

Inoltre, entra nello specifico della rappresentatività delle parti che hanno sottoscritto quel CCNL, evidenziando che Professione in Famiglia non raggiungeva la metà delle provincie con proprie sedi associative, citando in merito una circolare dello stesso ministero del 1995.

Quindi?

Quindi, il MIMIT, senza segnalarci alcunché e rifiutando due richieste di incontro da noi formalizzate per fare il punto della situazione, pensò nella propria legittimità ispettiva di emettere delle diffide rigidissime e informare i propri Revisori sulla linea da seguire quando effettueranno le visite annuali alle cooperative sociali.

Questo che impatto potrebbe avere sulle imprese?

Se non venisse modificata l’impostazione, tutte le cooperative sociali sarebbero costrette a cessare l’attività. Parliamo di oltre 1.000 imprese, 35.000 lavoratori e circa 200.000 persone assistite a domicilio a cui verrebbe interrotto il servizio. Questo perché la tipologia del rapporto di subordinazione non è compatibile con l’organizzazione del lavoro di queste imprese e perché non esiste un altro CCNL applicabile.

Ritorniamo alla rappresentatività di Professione in Famiglia e sulla presenza provinciale.

Si. La circolare del 1995 sostanzialmente dice che, in attesa che il legislatore definisca con precisione i parametri per misurare la maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali (numero di iscritti, contratti collettivi sottoscritti e diffusione territoriale) il Ministero del lavoro adottava temporaneamente un parametro di riferimento che era quello della presenza di sedi sindacali almeno nella metà delle provincie. Deroghe a questa misura potevano essere riconosciute e prese in considerazione.

Perché si sostiene che la vostra associazione non rientra in questi parametri?

Innanzitutto, precisiamo che la citata circolare, pur autorevole, riconosce l’assenza di una legge precisa in merito. Legge che non è mai stata emanata dal Parlamento. È quindi evidente che i vari governi abbiano ritenuto di mantenere il massimo delle libertà sindacali senza porre vincoli di esclusività o primazia organizzativa. Ciò nonostante, la risposta non prende in considerazione che la nostra associazione era iscritta all’AGCI, storica centrale cooperativa presente su tutte le province italiane e quindi, le loro sedi erano anche le nostre.

Ma, ammesso e non concesso questo parametro geografico facilmente contestabile, nessuna legge impedisce la sottoscrizione di un CCNL ovvero la sua adozione di diritto o decadenza. Supponiamo che per assurdo un’associazione avesse 54 sedi provinciali e ne chiudesse una per riaprirla dopo 6 mesi, quel CCNL verrebbe meno per tutti i lavoratori nei sei mesi di vacanza? Non scherziamo!

Si suppone che si intenda garantire la presenza più diffusa possibile tra la popolazione del paese per garantire il massimo della partecipazione democratica?

Infatti, ci pare un principio condivisibile ma le nostre sedi che si affiancano a quelle dell’AGCI sono oltre 120 e possono essere punto di riferimento provinciale per oltre 34 milioni di italiani, abbondantemente superiori alla metà della popolazione italiana.

Inoltre, nel 1995 eravamo agli albori di internet, oggi la partecipazione passa anche, se non soprattutto attraverso videoconferenze telematiche, cosa che facciamo quotidianamente con i nostri associati e lo abbiamo fatto durante tutta la negoziazione dei contratti che abbiamo sottoscritto.

Ora cosa intendete fare?

Subito dopo aver letto la documentazione dei Ministeri, abbiamo immediatamente inviato le nostre controdeduzioni e richiesto un incontro urgentissimo invitando il MIMIT a sospendere gli effetti delle diffide già inviate. Siamo fiduciosi di avere quanto prima questi incontri ma parallelamente tuteleremo le nostre aziende, i loro soci lavoratori e le famiglie che beneficiano dei loro servizi con tutti gli atti amministrativi in nostro possesso.

Sarebbe assurdo che si colpisca un intero settore che cerca di far emergere il lavoro irregolare, che fornisca servizi di assistenza qualificati e che garantisce il pagamento di contributi previdenziali e fiscali che altrimenti andrebbero risucchiati nel lavoro nero domestico.  

Crescono i professionisti dell’assistenza di ausilio

Il dipartimento Studi e Ricerche di Professione in Famiglia ha condotto una ricerca sul settore delle imprese che forniscono servizi privati di assistenza domiciliare.

Abbiamo chiesto al vicepresidente Bruno Perin l’esito di questa indagine.

Dal 2016, la nostra associazione ha allargato la propria rappresentanza alle imprese che forniscono servizi di assistenza domiciliare. Un settore in crescita in grado di rispondere ad una domanda sociale di assistenza di ausilio familiare che non trovava risposte adeguate tramite le badanti.

Da quell’anno hanno aderito all’associazione oltre 270 imprese.

Ci siamo da subito resi conto dell’utilità sociale che queste imprese ricoprivano sul territorio ma anche le criticità che incontravano per l’assenza di una politica progettuale dello Stato che, troppo frettolosamente delegava la cura della persona al welfare familiare o alle badanti.

Abbiamo quindi cercato di approfondire e quantificare il fenomeno economico, riscontrandone le potenzialità e le criticità e scoprendo un vero e proprio boom di imprese, quasi esclusivamente composto da cooperative sociali di micro dimensione in grado di farsi carico dell’intera fase di assistenza di ausilio, fuori dai classici quanto insufficienti interventi degli enti locali forniti tramite appalto.

Altro elemento caratterizzante è l’occupazione prevalentemente femminile, non solo di coloro che svolgono i servizi (operatrici d’aiuto) quanto di una capacità imprenditoriale in grado di coniugare la progettazione assistenziale con l’organizzazione dell’impresa.

Si tratta di un settore di attività in fase di assestamento e bisognoso di politiche di supporto, proprio perchè si interfacciano con una domanda proveniente da famiglia per lo più con presenza di soggetti non più autosufficienti.

Leggi la ricerca

Grande successo del progetto CLICK soccorso in famiglia

In soli 40 giorni il progetto di costruzione del portale CLICK soccorso in famiglia, ha superato le aspettative pi๠rosee.

Professione in Famiglia ha lanciato a metà  novembre una campagna di crowdfunding attraverso il portale Produzioni dal basso per finanziare la creazione di un portale dedicato a far incontrare la domanda e l’offerta di servizi assistenziali.

Un progetto che intende fornire utili informazioni alle famiglie che ricercano soluzioni assistenziali domiciliari e una serie di soggetti imprenditoriali, professionisti del settore e sezioni associative pronte per essere contattate per trovare le opportune soluzioni.

Professione in Famiglia si era posta l’obiettivo di raccogliere 50.000 euro ma soprattutto aggregare imprese e professionisti disponibili a mettere i propri servizi a disposizione delle famiglie.

Sono state raccolte donazioni pari a € 64.525

Si sono coperte 43 province con 108 presidi di imprese specializzate in servizi privati di assistenza domiciliare e 43 Procuratori d’aiuto in grado di fornire consulenza assistenziale alle famiglie.

Questo è il primo passo per costruire il portale Click soccorso in famiglia, dichiara Bruno Perin vice presidente di Professione in Famiglia, lavoreremo perchà© sia accessibile sul web entro fine febbraio.

Click non è solo uno strumento di welfare sociale messo a disposizione dell’assistenza ma puntiamo a creare occupazione sempre pi๠qualificata nel settore dell’ausilio familiare, raccogliendo personale disponibile a fornire questi servizi, migliorando la loro professionalità  e occasioni di lavoro.

Nove domande ai candidati sindaco

A ottobre pi๠di 1300 comuni andranno al voto per rinnovare i propri consigli e i relativi sindaci.

https://www.tuttitalia.it/elezioni-italiane/elezioni-comunali-2021/

Un baluardo di democrazia a cui viene chiesto di gestire la cosa pubblica, applicando leggi regionali e nazionali ma soprattutto adeguandole alle singole realtà  locali.

Sono infatti i comuni ad applicare le politiche dell’assistenza e quindi, le condizioni delle famiglie, dipenderanno molto dalle loro scelte.

è per questo che abbiamo ritenuto di porre a tutti i candidati/e a sindaco 9 precise domande per conoscere come intendono affrontare il tema dell’assistenza.

Professione in Famiglia invierà  le domande a tutti i candidati/e delle città  superiori ai 100.000 abitanti. invitiamo le nostre famiglie e imprese a fare altrettanto verso i centri minori, utilizzando il format allegato.

Le risposte verranno pubblicate su sito nazionale.

 Queste le domande

  1. Molte sono le associazioni di volontariato sociale presenti sul territorio. Come giudica la possibilità  di realizzare il servizio civile coordinato di tutti i cittadini in grado di apportare adeguati supporti agli enti preposti al servizio socio-sanitario-assistenziale, alla Protezione civile e al decoro cittadino?
  2. Il lavoro in remoto cambierà  modelli familiari, trasporti, assetti urbanistici e modalità  produttive. Quali sono le sue proposte in merito?
  3. A seguito della pandemia si sono rese palesi tutte le difficoltà  relative all’assistenza domiciliare. Forte irregolarità  nel lavoro domestico, deficit professionale degli operatori, palese insufficienza di interventi ADI, difficoltà  nell’adeguata presa in carico nel caso di dimissioni sanitarie protette, chiusura dei centri a supporto della disabilità  e non autosufficienza, ecc. Come pensa di affrontare questo problema per il futuro?
  4. Pur riconoscendo che la materia dell’assistenza in strutture residenziali è prevalentemente in capo al Governo nazionale e regionale, il Sindaco è chiamato a tutelare la salute e la sicurezza dei propri cittadini. A seguito dei lutti registrati durante la pandemia tanti sostengono la necessità  di una radicale riforma del modello sin qui adottato Che opinione ha in merito?
  5. Il fenomeno della violenza domestica è sicuramente un tema di diritto penale. La sua prevenzione è sicuramente a carico dell’intera collettività , in particolare agli enti locali. Quale opinione ha in merito?
  6. Fermo restando l’indiscusso valore sociale delle strutture di servizio per l’infanzia e della scuola primaria, cosa pensa in proposito al rafforzamento della figura professionale Tagesmutter e del servizio correlato?
  7. I servizi sociali forniti dal Comune a tutti i cittadini in stato di necessità  comporta sicuramente una capacità  di analisi e di soluzione ad alto impatto professionale. La crescente domanda di aiuto rischia di mettere in crisi lo stesso modello. Lei pensa che un diverso approccio al tema, con il coinvolgimento di supporto di professionisti, quali ad esempio i Procuratori d’aiuto, possano migliorare tali servizi?
  8. La crescita della non autosufficienza è un dato acclarato da tutti gli studi demoscopici. L’ausilio familiare dedicato all’assistenza non sanitaria domiciliare è sostanzialmente lasciato alla sfera familiare o alle badanti. Lei pensa che favorire la defiscalizzazione dei servizi di ausilio e la promozione di percorsi formativi destinati agli operatori privati e ai caregiver familiari, possa essere un miglioramento per le famiglie interessate e per il sistema in generale?
  9. La politica abitativa è sicuramente un tema molto rilevante, soprattutto per le grandi aree metropolitane ma non solo. Aumento dell’urbanizzazione, social housing, la gestione degli sfratti, le case popolari, il calo delle famiglie e di quello demografico, ecc. possono cambiare radicalmente le condizioni di un’intera collettività . Quale politiche intende attuare?

SE NON ORA QUANDO?

Se non ora quando è il titolo di un romanzo di Primo Levi e utilizzato dal movimento femminista per sostenere battaglie di diritti civili.

Ebbene, anche noi intendiamo utilizzare questo slogan per sostenere una tesi che è molto collegata ai diritti civili e che si potrebbe assumere nei vari provvedimenti del Governo per il PNRR.

è ormai da parecchi anni che tutti gli osservatori sociali, le associazioni di rappresentanza e gli economisti che hanno studiato il fenomeno dell’assistenza domiciliare ripetono quanto sia urgente approvare un provvedimento che vada in aiuto delle famiglie con persone non pi๠autosufficienti, che combatta la piaga del lavoro nero nel settore domestico e che migliori la qualità  assistenziale e professionale.

  • Oltre 4,2 milioni sono le persone con gravi fragilità  bisognose di assistenza domiciliare e le previsioni sono di un notevole incremento.
  • Il 65% dei casi sono accuditi da caregiver familiari
  • 850.000 sono le badanti impegnate ma solo la metà  in regola.
  • 1 miliardo è l’evasione fiscale e circa 500mila quella previdenziale

Tale fenomeno è determinato dall’elevato costo a carico delle famiglie che non può essere sostenuto per un medio-lungo periodo e dalla caratteristica polverizzata del lavoro domestico che non trova vantaggi tangibili alla regolarizzazione.

è quindi evidente che una semplice defiscalizzazione del costo del lavoro delle badanti non risolva il problema ma solo una parte.

Fornire alle famiglie un voucher da spendersi esclusivamente in imprese debitamente autorizzate a fornire questi servizi (modello francese) permetterebbe l’emersione totale del lavoro irregolare, un gettito superiore per lo Stato e per l’Inps, un aiuto concreto alle famiglie e il miglioramento di moltissime lavoratrici, oggi per lo pi๠escluse dal welfare sociale.

Professione in Famiglia ha incontrato in questi anni tutti i gruppi politici presenti in Parlamento e registrato una totale condivisione sulla finalità  sociale del provvedimento e sulla copertura economica e finanziaria.

Quindi, SE NON ORA QUANDO, lo gridiamo in questo particolare periodo di ripresa e resilienza.

Ripresa per il recupero di un lungo periodo di crisi assistenziale che ha penalizzato le famiglie e le lavoratrici del settore.

Resilienza perchà©, se non abbiamo ancora capito i danni sociali ed economici causati dall’assenza di una politica troppo assente, non avremo pi๠alibi quando il fenomeno della non autosufficienza supererà  la soglia di guardia.